Domenica, 15 Gennaio 2017 14:17

Attraverso gli occhi di Ash Ketchum - Recensione a "La drammatica evoluzione" di Bernardo Pacini (Oedipus, 2016)

Scritto da Guido De Simone

La drammatica evoluzione è un’operazione poetica di grande originalità e ispirazione: in sole trenta poesie, l’autore, Bernardo Pacini, traspone in letteratura l’universo nipponico dei Pokemon. Questo, tuttavia, non significa che il testo parli dei Pokemon, né che sia destinato ai ragazzini o ai nostalgici dell’infanzia. I Pokemon sono un mero espediente, poiché la drammatica evoluzione è una riflessione sulla società d’oggi, una riflessione – spiega Pacini stesso nella breve nota introduttiva titolata Pokedex – su «lo strappo tra la fine dell’infanzia e ciò che viene dopo». D’altronde, la complessa costruzione che soggiace alla silloge appare evidente anche ai non specialisti: è sufficiente soffermarsi sul lessico ricercato o sull’uso meticoloso ma non costringente delle rime e delle forme metriche tradizionali, dal classicheggiante epigramma al mottetto montaliano in due quartine, dal dispetto in ottava al limerick.

Il recupero degli stilemi classici serve a far esplodere la tradizione dall’interno, secondo un modus operandi che ricorda – a tratti – il miglior Gozzano, quello capace di far sorridere e riflettere al tempo stesso, di interrogarsi sul senso dell’esistenza apostrofando una papera «candida sorella», di sdoganare il topos della donna-angelo e della femme fatale scrivendo per una musa «quasi brutta». Allo stesso modo, Pacini ci invita a riflettere sull’esistenza e sulla società post-contemporanea partendo da una materia prima apparentemente inadatta allo scopo: il colorato e fiabesco mondo dei Pokemon scompare velocemente sullo sfondo e gli occhi sono costretti a mettere a fuoco una scomoda realtà.

Tutta l’opera ruota attorno ad alcuni temi (o talvolta, a coppie opposizionali) che si ripetono ciclicamente, disegnando un quadro a tinte fosche del mondo odierno, della vita «pari e patta», in cui «non c’è differenza tra giorno, sera e notte». Tale è la vita dei giovani d’oggi, tagliati fuori dall’infanzia prima ancora che possano sperare di trovare un cantuccio nel mondo adulto. Muovendosi a metà tra fantasia e allucinazione, Pacini dà voce a questi giovani raccontando la vita adulta di Ash Ketchum, il protagonista delle rocambolesche avventure animate. Approdato all’età adulta, Ash «lavora a Burger King» per seicento euro al mese; «in testa ha un cappellino», scrive Pacini con icastica ironia, facendo riferimento all’iconografia tipica del lavoro sottopagato presso i grandi fast food. Così, il cappellino da sempre indossato dagli allenatori di Pokemon, simbolo delle avventure in giro per il mondo, dell’emancipazione giovanile e della libertà individuale diviene, in un istante, negazione dell’indipendenza economica ed emblema dello stato di sudditanza del lavoratore nei confronti dello strapotere delle multinazionali. Nessuna sorpresa che Ash tuoni: «ma porco Nidoking [un Pokemon, n.d.r.], che merda di destino».

In un mondo simile, privo di prospettive e valori, anche la ricerca di sé – altro tema cardine della raccolta – diviene un salto nel vuoto e la volontà di potenza annichilisce: il giovane rimane per sempre quella «potente macchina geniale in costruzione» che si era figurato Italo Svevo per vincere la propria condizione di inetto. È così che Ditto, il Pokemon ‘mutaforma’, cioè capace di assumere qualsiasi sembianza, si ritrova a domandarsi: «esser me stesso: ne avrò mai il diritto?». Così Eevee, il Pokemon‘evoluzione’, cioè in grado di evolvere in funzione dell’ambiente circostante, si trova a vivere «lo strazio dei destini alternativi» e giunge a sperare in «una vita a caso, ma che arrivi».Così persino Magikarp, superata la condizione dell’inetto sveviano ed evoluto in possente drago, «che se ne fa di un’immensa potenza?» .

Infine, nella raccolta si segnala almeno un altro tema di rilievo: la repulsione per la società delle apparenze, cui Pacini parrebbe contrapporre un essere più autentico e introspettivo. A tal proposito è particolarmente rilevante la sezione titolata Cinque dispetti di Slowbro, in cui l’autore si scaglia contro chi nasconde dietro un «sorriso di panna» uno «snobbismo piccato», un’«ostentata e tarchiata durezza». Pacini non risparmia neppure la poesia ‘colta’, deridendo, con la lirica titolata Articuno («che pensi di ottenere citandomi Sereni?»), il suo presunto elitarismo e la sua autoreferenzialità. A questa falsa ostentazione, a questa pirandelliana maschera indossata per esorcizzare il proprio vivere e renderlo sopportabile, Pacini contrappone (e preferisce) il rassegnato coraggio di chi, come Diglett,il Pokemon talpa, «resistendo, combattendo / scava la sua fossa».

 

Tre poesie da La Drammatica evoluzione

Ash Ketchum

 

In testa ha un cappellino, lavora a Burger King:

«Ma porco Nidoking, che merda di destino».

In radio, un motivetto: “You gotta catch ‘emall...”

«Al tempo spopolò. Mi piacque, sì, lo ammetto.»

Mentre consegna un ketchup, ripensa ai tempi andati:

ricordi un po’ ammassati, è necessario un check-up.

Quello che era passione, non era professione.

Non era che un assaggio, un tiepido miraggio.

 

La strada era il Team Rocket, i soci criminali.

Al bando gli ideali: violenza, spaccio e racket.

Che fare? È troppo tardi: la scelta è stata fatta.

La vita pari e patta: seicento euro lordi.

«Ma poi, cos’è rimasto?» Ci pensa rabbuiato,

contando il ricavato, scontrini e buoni pasto.

 

Un Pikachu bastardo, di paglia, sul parquet,

due o tre sfere poké, lasciate sul biliardo.

 

Articuno

 

Uccello leggendario, notevole il piumaggio.

Di nobile lignaggio, celeste dignitario.

Si scopre solo e bieco, non ha mai avuto un nido.

Se lancia alto un grido, risponde solo l’eco.

Dal fondo dei ghiacciai, lamenta questo esilio.

Strilla: «Nulla nessuno, in nessun luogo mai».

 

Risponde – se risponde – il dio-poeta Drowzee:

«Perché non ti trattieni e ostenti il tuo sapere?

Che pensi di ottenere citandomi Sereni?

Lo fai per compiacermi, ma io che posso fare?

Altissimo Articuno, se ci pensavi prima...

D’altronde tu fai rima da sempre con “nessuno”».

 

Jynx

 

Se c’è qualcosa che Slowbro detesta

è quella zingara algida e subdola.

Jynx è una racchia ma fa la cubista

moltiMachamp hanno avuto la fregola.

Si sa, da giovane ha tanto aspettato

principi azzurri con Ponyta alato.

Slowbro conferma che Jynx fu scartata

ad un colloquio per fare la tata.