Alighiero Boetti - Senza Titolo 1978

Il Centro di ricerca Pens - Poesia contemporanea e Nuove Scritture è un progetto ideato e sviluppato da studenti, ricercatori indipendenti e docenti dell’Università del Salento. Il Centro, istituito nel 2016 presso il Dipartimento di Studi Umanistici, ha avviato una serie di attività che comprendono: i "Quaderni del Pens", collana open access di studi letterari pubblicata in collaborazione con ESE- Salento University Publishing; una raccolta di interventi, articoli e recensioni pubblicati sul sito del Centro; iniziative per la promozione e la diffusione della lettura (seminari, workshop, incontri con gli autori).


Call for papers

  • CFP «Quaderni del PENS» vol. 7 (2024) Testi trasparenti. Metodi e prospettive della nuova narratologia
    CFP «Quaderni del PENS» vol. 7 (2024) Testi trasparenti. Metodi e prospettive della nuova narratologia

     

    • Stato della call: aperta.
    • Termine per l’invio delle proposte: 15 maggio 2024
    • Termine per l’invio degli articoli: 15 ottobre 2024

     

    Il numero 7 (2024) della collana «Quaderni del PENS» – Centro di ricerca Poesia contemporanea e Nuove scritture intende mappare le prospettive teoriche e gli orizzonti applicativi della nuova narratologia in prosa e in poesia, con riguardo, in particolare, alla riflessione intorno ai modi di raccontare, al punto di vista autoriale, alle modalità enunciative, alla costruzione del personaggio, al nesso narratologia-cultural studies. Il fascicolo ospiterà contributi di taglio teorico, metodologico o storiografico, insieme ad altri più analitici su opere, segmenti testuali, casi di studio esemplari.

Quaderni del PENS

I Quaderni del Pens si presentano come una “officina”, uno spazio o un contenitore nel quale si raccolgono i risultati del lavoro critico svolto ogni anno dal Centro di ricerca. In particolare, la collana open access pubblica i contributi degli Atti dei seminari, dei Convegni e delle Giornate di studio promossi annualmente dal Centro; ricerche su materiale inedito, carte d’autore e scritti dispersi provenienti dagli Archivi letterari e dai Fondi di autori del Novecento; una selezione (peer review) di saggi e contributi vari. La collana è pubblicata da ESE Salento University Publishing.

  • Quaderni del PENS, 6, 2023. L'esercizio dello sguardo. Poesia e immagini
    È online il sesto numero dei «Quaderni del PENS», disponibile a questo link. Dopo la Premessa di Fabio Moliterni, i due saggi che aprono il fascicolo, di Francesco Muzzioli e Andrea Inglese, permettono di fissare provvisoriamente le coordinate teoriche e storico-letterarie del dialogo (o del conflitto) tra poesia e immagini nella modernità e nel sistema culturale contemporaneo. Seguono alcuni contributi sull’immagine (pittorica, fotografica e non solo) come “agente” o “innesco” poetico; sull’intreccio interartistico che si determina in un discorso “fuori formato” che punta non più, o non soltanto, alla demistificazione, alla parodia o al riuso citazionistico e straniante dei linguaggi…
  • Quaderni del PENS, 5, 2022. Spettri, assenze, memorie. Il fantasma nella letteratura contemporanea
    È online il quinto numero dei «Quaderni del PENS», disponibile a questo link. Il volume raccoglie numerosi contributi sul tema del fantastico e delle "presenze" fantasmatiche nella letteratura italiana moderna e contemporanea. Gli interventi, che coprono un arco temporale che va dall'Ottocento ai nostri giorni, presentano diversi approcci al tema alternando interventi di natura teorica a scritti di carattere storiografico o militante relativi a singoli casi di studio, o gruppi di autori. Dopo la premessa di Simone Giorgio, il numero si apre con una serie di saggi incentrati su autori vissuti a cavallo tra Otto e Novecento. Alberto Carli firma…
  • Quaderni del PENS, 4, 2021. Archivi letterari del Novecento. Ricerche in corso
    È online il quarto numero dei «Quaderni del PENS», disponibile a questo link. Il volume è dedicato alle ricerche in corso negli Archivi letterari del Novecento con particolare attenzione allo studio delle carte d'autore partendo da un’idea allargata di testualità (di fonti) e di archivio letterario inteso come «zona di transito». Dopo la premessa di Fabio Moliterni, è presente l'intervento di Luca Lenzini (Direttore della Biblioteca Umanistica dell'Università di Siena dal 1989 al 2021) sulle principali acquisizioni e attività dell’Archivio Franco Fortini. Seguono, nel seguente ordine, i saggi di Caterina Miracle sull'Archivio fotografico di Emilio Cecchi; di Maria Villano sulle …
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L’ultima raccolta di Stefano Carrai, "La traversata del Gobi", pubblicata dai tipi di Nino Aragno Editore, è una delicatissima opera di resistenza contro il fluire della storia che cancella e appiattisce. L’autore stesso confessa, nelle note in chiusura, di non essere mai stato nel Gobi; pertanto, questo deserto deve considerarsi un «paesaggio dell’anima», che è immagine «di quel che nella vita resta indietro, non trova più posto, si perde sepolto sotto la sabbia».

L’ultima prova letteraria di Walter Siti, Bruciare tutto, si configura come un romanzo senza Dio, o meglio, come un romanzo che prova più volte a interrogare Dio senza ricevere aiuto. È questo il punto focale dell’intera vita interiore del trentatreenne Leo Bassoli, il protagonista del libro. Sacerdote presso una parrocchia della Milano moderna e benestante, don Leo divide le proprie giornate tra impegni eucaristici, doposcuola e opere di beneficenza.

Il volume edito nel 2015 da Àncora raccoglie per la prima volta l’intera produzione poetica di Antonia Pozzi, riunendo sillogi postume e componimenti fin qui inediti. L’edizione, curata da Graziella Bernabò e Onorina Dino, è stata realizzata grazie a un attento lavoro filologico condotto ex novo su manoscritti autografi della Pozzi e altri ricopiati da Lucia Bozzi, cara amica della poetessa, e da sua sorella Clelia.

La femmina nuda di Elena Stancanelli è un romanzo che rientra nella tradizione epistolare della letteratura di tutti i tempi, pur misurandosi, come vedremo, con alcuni nuclei tematici della più stringente (e oscura) contemporaneità. È una lunga lettera in cui Anna, protagonista delle vicende narrate, racconta l’ultimo anno della sua vita rivolgendosi all’amica Valentina.

Non è facile seguire i tortuosi sentieri, le passeggiate o le cavalcate nei “boschi narrativi” lungo i quali ci porta Giordano Meacci nel suo splendido romanzo Il cinghiale che uccise Liberty Valance (2016): non tanto perché i luoghi in cui si muovono le bestie citate nel titolo sfuggono all’immaginazione del lettore (e anche in quel caso, una cartina appositamente inserita nel volume verrà in soccorso), quanto perché la lingua in cui il libro è scritto è di una creatività vertiginosa e demiurgica. Ogni passo del libro pare scritto in un impasto che, ad un primo colpo d’occhio, potrebbe far tornare alla mente i pasticci gaddiani: sicuramente, a questa impressione, contribuisce la sintassi spesso intricata, il citazionismo spinto (e perseguito ad ogni livello: da quello del cinema western alla formazione classica di uno dei personaggi, Walter); l’uso ricorrente dei localismi e dei termini dialettali (che aiuta, tra l’altro, a rendere più vivi e sinceri i dialoghi: espediente che Meacci ha usato sapientemente anche nella sceneggiatura di Non essere cattivo di Claudio Caligari, lì avendo a che fare col romanesco – si deve ricordare a questo proposito la militanza di Meacci nell’Accademia degli Scrausi guidata da Luca Serianni). Al tempo stesso, la sensazione che si ha addentrandosi nelle pagine del Cinghiale è quella di trovarsi al cospetto di una minacciosissima, densa e inestricabile nube di parole e di lingue: anche la scelta di non focalizzare il racconto su un singolo protagonista (forse si potrebbe assegnare il ruolo al cinghiale Apperbohr, e pure suona strano, e pure occupa comunque meno della metà del libro) concorre a lasciare, in chi porta a termine la lettura del romanzo, l’idea di aver appena assistito a una parata di personaggi che avevano tutti poco da dire, ma hanno tenuto a dirlo.

Pubblicato nel dicembre 2016 presso la casa editrice Esperidi, Nel buio la parola (Poesie 2015-2016) è il lavoro più recente di Bernardini: una raccolta di poesie che si riallaccia senza soluzione di continuità alla riflessione esistenziale intrapresa nel precedente volumetto in prosa Il Vecchio e l’Ombra (Dialoghetti) (Esperidi, 2016). Costruito sulla contrapposizione di due termini semanticamente pieni, «buio» e «parola», il titolo anticipa l’argomento principale della raccolta: per una sottintesa analogia, la parola è luce e ha la capacità di rischiarare il buio delle «cosiddette “questioni ultime”, la morte, la vecchiaia, la solitudine, il senso della vita» (p. 7), ed è per questo che Antonio L. Giannone, nella sua introduzione, parla opportunamente di «terapia della parola nella ricerca poetica».

Quando si scrive di Saviano, occorre fare una serie di operazioni che potrebbero essere ricondotte a un insieme di separazioni. La prima separazione fondamentale da mettere in atto è quella tra il Saviano-personaggio (la popstar che campeggia sui giornali, che va in televisione, che esprime la sua opinione grossomodo su tutto) e il Saviano-scrittore (l’uomo che si accinge a mettere le parole in fila e tessere un discorso con il quale vuole comunicare qualcosa).  Il rischio che il primo si sovrapponga al secondo e ne infici il giudizio sulle opere è elevatissimo. Ma è il prezzo che Saviano paga per essere indubbiamente lo scrittore italiano vivente più noto nel mondo.

La drammatica evoluzione è un’operazione poetica di grande originalità e ispirazione: in sole trenta poesie, l’autore, Bernardo Pacini, traspone in letteratura l’universo nipponico dei Pokemon. Questo, tuttavia, non significa che il testo parli dei Pokemon, né che sia destinato ai ragazzini o ai nostalgici dell’infanzia. I Pokemon sono un mero espediente, poiché la drammatica evoluzione è una riflessione sulla società d’oggi, una riflessione – spiega Pacini stesso nella breve nota introduttiva titolata Pokedex – su «lo strappo tra la fine dell’infanzia e ciò che viene dopo». D’altronde, la complessa costruzione che soggiace alla silloge appare evidente anche ai non specialisti: è sufficiente soffermarsi sul lessico ricercato o sull’uso meticoloso ma non costringente delle rime e delle forme metriche tradizionali, dal classicheggiante epigramma al mottetto montaliano in due quartine, dal dispetto in ottava al limerick.