Sabato, 17 Dicembre 2016 14:20

Cucire parole. Lo spazio poetico di Antonella Anedda

Scritto da Francesca Greco
Antonella Anedda Antonella Anedda

Il tema centrale di Salva con nome (Mondadori, 2012) è il confronto serrato tra ricerca d’identità e morte intesa come separazione, divisione: la morte taglia e sfalda; e proprio l’immagine della divisione rimanda a motivi precisi, come l’azione del ritagliare e del cucire, già anticipati nel libro precedente, La vita dei dettagli (Donzelli, 2009). A connettere le due opere è principalmente un’approfondita riflessione sul senso della perdita, rappresentata in uno spazio poetico, ma anche visuale, in cui è evidente l’anelito alla tessitura dei molteplici frammenti identitari. Anedda chiude La vita dei dettagli con un testo, intitolato appunto Perdita, che mette a fuoco il conflitto, mai risolto, tra identità e irrimediabile lacerazione. Anche la sezione precedente, intitolata Collezionare perdite, è in tal senso assolutamente significativa e anticipa alcuni elementi che ritroveremo in Salva con nome:

 

Prendi una fotografia, taglia le parti più amate: l’ala del naso, la curva del collo. Posale su di un cartone. Metti lo spazio tra le parti, mettici l’aria. Gli occhi. Fai lo stesso lavoro. Allontanali, colora lo spazio (colora il dolore), fai concreta la separazione. Scegli una gradazione: terra bruciata. Cuci un pezzo di stoffa, cuci un brano di lettera, cuci un’iniziale: in quel mezzo-punto non entra il vento.

 

   Il motivo del taglio rimanda all’irreversibile frattura della simbiosi madre/figlio ed evoca, per contrasto, quella condizione d’interezza e di radicamento prenatale che lo spazio poetico tenta (invano) di riprodurre. L’azione del Cucire ­– un’intera sezione s’intitola appunto così – si configura come desiderio di riconciliazione e s’intreccia metaforicamente con l’azione dello scrivere, che rivela, però, la sua costitutiva insufficienza. E anzi questa paziente tessitura è un ulteriore ed estremo tentativo di riconnettere i frammenti, di ovviare alla mancanza delle parole:

 

Cuci una foglia vicino alle parole, cuci le parole tra loro,

guarda una foglia come viene soffiata lontano.

Il tempo mentre scriviamo vola, noi moriamo a noi stessi

mentre intorno ci cresce la vita e la realtà si addensa, s’in-

treccia, diventa una radice che sale fino a un tronco e ridi-

venta foglio.

Da sempre mi mancano le parole e io ne ho nostalgia.

Per questo cucio, cucio, cucio

 

   La riflessione di Anedda si concentra sullo scardinamento della tensione ambivalente che vede protagoniste, da un lato, la necessità della poesia come possibilità di conciliazione e, dall’altro, la sua impossibilità di ‘dire’, e quindi di riconnettere i frammenti identitari dell’io se non in uno spazio del tutto provvisorio. L’identità si definisce unicamente nella relazione tensiva che intercorre tra desiderio e mancanza e che attraversa uno spazio soggiogato dall’eterogeneità e dalla pluralità, cioè gli elementi scomposti o del corpo individuale o della natura: spine, ossa, foglie, pelle, ecc., tracciando in maniera ancora più netta la dissoluzione, non solo emotiva, ma anche fisica apportata dalla morte. In Salva con nome, così come nella raccolta precedente, l’attenzione per i dettagli acquista una valenza più chiara che interessa sia lo spazio poetico sia quello visivo – come dimostra l’inserimento all’interno dei testi di significative immagini – che è punto focale affettivo, in quanto permette al soggetto di avvicinarsi con maggiore intimità all’oggetto scomposto. L’io attraversa, così, un territorio assolutamente creativo che scompone e mette in ballo elementi di natura filosofico-esistenziale fondamentali, quali appunto la morte, la perdita, la mancanza, il desiderio d’interezza e la sua irreversibile impossibilità. Sottratti allo spazio assegnatoli, i dettagli e gli elementi scomposti si offrono allora come oggetto di una nuova composizione e misura espressiva. Ed è proprio a partire da questi elementi scomposti, da questa presa di distanza che trasgredisce lo spazio, che si fa possibile la collocazione di una diversa, seppur ancora straniante, «ricollocazione degli oggetti affettivi» entro un contenitore costruito ricucendo elementi separati e divisi all’interno di una tela poetico-pittorica che permette di creare uno spazio ulteriore di attesa, di rinascita e di tensiva riappropriazione del senso nella costante scomposizione della realtà.