Ormai da tempo, la scrittura di Giovenale è testimonianza in atto di una ricerca progettuale, laboriosissima, che investe il fare poetico nella convergenza di plurimi riferimenti culturali e apporti teoretici. Sono i necessari approfondimenti per testare la tenuta e le possibilità sociali del linguaggio lirico all’altezza del presente. Laddove la pratica di nuove strade di comunicazione (la rete come archivio aperto, deposito di tracce ragionative, vetrina di scambi intellettuali) non è disgiunta da un (invisibile e) tenace lavoro di ricerca, anche interdisciplinare – tra saggistica e fotografia, arti figurative e traduzioni, poesia prosa e arte contemporanea: prevalentemente in dialogo con esperienze o tradizioni estranee alle codificazioni di esclusivo ambito nazionale. Il percorso di scrittura, a sua volta, viene restituito provvisoriamente per schegge o frammenti, mentre prova e riprova la propria affidabilità di fronte agli incerti della verifica in versi, i possibili innesti culturali, l’urto con gli eventi del vissuto.

 

La poesia di Umberto Fiori trae forma da un ineludibile e costante confronto con la canzone e con la sua “parola incarnata”. “Confrontarsi –come affermerà il poeta stesso – non significa adeguarsi”, al contrario, vuol dire essere consapevoli dei contrasti e delle differenze che sussistono nei legami tra musica e poesia per far sì che quest’ultima possa rivendicare “le ragioni profonde e antiche della propria disincarnazione” senza, tuttavia, rinunciare alle contaminazioni contemporanee. Nato a Sarzana nel 1949, laureato in filosofia, studioso della canzone popolare americana, Fiori entrerà a far parte, nel 1973, come cantante e autore degli Stormy Six, tra i più importanti esponenti del rock progressivo italiano degli anni Settanta, periodo in cui l’irruzione della storia sociale nella musica trasformerà la canzone politica, originariamente intesa come canzone delle classi subalterne, in uno strumento finalizzato al coinvolgimento delle grandi masse[3]. In tal senso, Fiori si porrà come obiettivo la riabilitazione della canzone, la quale ha a lungo convissuto con un marchio di illegittimità culturale, trasformandola in “oggetto ideale per un approccio sociologico” e in elemento fondante per lo sviluppo della coscienza dell’individuo e della collettività.

Belluno, andantino e grande fuga (Einaudi, 2019) è il frutto di dieci giorni di una felicità nella disperazione, un’eccitazione nella calma: così afferma la poetessa Patrizia Valduga in un’intervista rilasciata a Silvia Raghi per Medium Poesia.

Considerato il breve tempo di stesura e l’euforia che l’ha accompagnata potremmo presumere che Patrizia Valduga si sia ritrovata, per servirci di una vividissima immagine esposta dall’autrice stessa, in un nuovo “punto di sella”. Uno stato di perfetto equilibrio tra ebbrezza e lucidità. Un punto di ispirazione che conduce alla scrittura di raccolte così formalmente pulite e, insieme, così profondamente viscerali.

Non c’è in Pagliarani , a differenza che in altri casi di pedagogia poetica, una volontà di costruire una scuola, un discepolato, di programmare dei propri cloni; al contrario Pagliarani per tutta la vita e soprattutto in quegli anni ha incoraggiato la diversità, la mutevolezza, la bellezza cangiante (come dice l’Hopkins tradotto da Montale) dei giovani poeti: la possibilità quindi, addirittura, di ispirarsi lui stesso a quelle testualità così acerbe.

Con questa quinta opera Losavio si conferma poeta riconoscibile e limpido nel nostro panorama contemporaneo. Perché esiste un progress di maturazione confermato da La marmorea apparenza residua (Fallone Editore, 2019, collana ‘Il Leone Alato’) che, a nostro parere, è la sua migliore testimonianza.

Belluno, andantino e grande fuga (Einaudi, 2019) è il frutto di dieci giorni di una felicità nella disperazione, un’eccitazione nella calma: così afferma la poetessa Patrizia Valduga in un’intervista rilasciata a Silvia Raghi per Medium Poesia.

Considerato il breve tempo di stesura e l’euforia che l’ha accompagnata potremmo presumere che Patrizia Valduga si sia ritrovata, per servirci di una vividissima immagine esposta dall’autrice stessa, in un nuovo “punto di sella”. Uno stato di perfetto equilibrio tra ebbrezza e lucidità. Un punto di ispirazione che conduce alla scrittura di raccolte così formalmente pulite e, insieme, così profondamente viscerali.

Salvatore Toma nasce l’11 maggio 1951 a Maglie, in provincia di Lecce. Inizia a scrivere fin da giovanissimo, pubblicando le sue prime raccolte, da tempo introvabili, presso case editrici minori. Negli anni Ottanta la sua poesia inizia a circolare presso un pubblico più esteso grazie all’interessamento di Maria Corti, che dopo averne promosso la pubblicazione su «Alfabeta», curerà l’antologia Canzoniere della morte, uscita postuma nel 1999, divenendo rapidamente un caso letterario. Muore a trentacinque anni, il 17 marzo del 1987, dopo un breve ricovero presso l’ospedale di Gagliano del Capo. «L’età in cui muoiono i grossi poeti» – scrisse il suo sodale Antonio L. Verri.

Nel presente volume si raccolgono le sei opere poetiche edite in vita: Poesie. «Prime rondini» (1970), Ad esempio una vacanza (a Babi) (1972), Poesie scelte (1977), Un anno in sospeso (maggio 1977-luglio 1978) (1979), Ancóra un anno (1981), Forse ci siamo (1983). L’apparato critico che correda il volume, curato da Luciano Pagano, si compone degli interventi di Benedetta Maria Ala, Lorenzo Antonazzo, Annalucia Cudazzo, Simone Giorgio, studiosi del Centro di Ricerca PENS-Poesia contemporanea e Nuove Scritture (Università del Salento).

Claudia Ruggeri, nata a Napoli il 30 agosto 1967, si trasferisce a Lecce l'anno successivo con la sua famiglia. In questa città compirà i suoi studi e inizierà a dedicarsi alla poesia, mettendosi subito in contatto con l'ambiente letterario e culturale del capoluogo salentino, dal quale si aprirà alla conoscenza e relazione con autori del panorama poetico nazionale, come Franco Fortini e Dario Bellezza. Il 27 ottobre 1996, all'età di ventinove anni, pone tragicamente fine alla sua vita.

Il presente volume è il risultato di un paziente lavoro di natura filologica volto a ripristinare i testi delle due opere licenziate in vita da Claudia Ruggeri, Inferno minore e )e pagine del travaso, nel rispetto della versione riportata dai testimoni disponibili, sottoposti a un'accurata collazione e vagliati criticamente. Questa edizione si propone, inoltre, di avanzare una prima interpretazione dei componimenti, corredandoli di un commento che mira a facilitarne la comprensione.

Al seguente link puoi trovare maggiori informazioni sul volume.

Astràgali Teatro (Il teatro della città)

 

LE BELLE BANDIERE

poesia-segni di pace

 

Giovedì 11 aprile 2019, ore 19.00

 

Mercoledì 9 gennaio 2019 - ore 21.00
presso la sede dell’Arci Eutopia di Galatina
(Via Montecassino, 14)



Poesie. inferno minore. )e pagine del travaso
(Musicaos), di Claudia Ruggeri,
presentazione del volume
a cura di Annalucia Cudazzo



introduce:


Francesco Garrapa



letture di:


Annalucia Cudazzo