Autore: Stella Schito

Belluno, andantino e grande fuga (Einaudi, 2019) è il frutto di dieci giorni di una felicità nella disperazione, un’eccitazione nella calma: così afferma la poetessa Patrizia Valduga in un’intervista rilasciata a Silvia Raghi per Medium Poesia.

Considerato il breve tempo di stesura e l’euforia che l’ha accompagnata potremmo presumere che Patrizia Valduga si sia ritrovata, per servirci di una vividissima immagine esposta dall’autrice stessa, in un nuovo “punto di sella”. Uno stato di perfetto equilibrio tra ebbrezza e lucidità. Un punto di ispirazione che conduce alla scrittura di raccolte così formalmente pulite e, insieme, così profondamente viscerali.

Accade, a volte, di imbattersi inaspettatamente nel proprio riflesso, di registrare con la coda dell’occhio un’ombra del tutto uguale, per aspetto e movenze, al ricordo che abbiamo di noi, un’ombra talmente ridotta alla sua dimensione di oggetto da rendere impossibile il riconoscimento. Tale impressione non dura più di qualche istante e, attribuendo significato all’immagine, il soggetto da frammentario torna unitario: «a partire dallo specchio scopro di essere assente dal posto in cui sono, poiché è là che mi vedo. A partire da questo sguardo che, in qualche modo, si posa su di me […] ritorno verso di me e ricomincio […] a ricostituirmi là dove sono»[1]. Queste parole, usate da Foucault per spiegare il concetto di eterotopia, sembrano riassumere il nucleo fondante dell’ultima raccolta di Andrea Donaera, Le estreme conseguenze (Le Lettere, 2023), in cui solo lo spostamento di sguardo derivato dall'osservare il proprio sé riflesso riesce a mitigare l’ingerenza di un soggetto che diventa il protagonista assoluto della scena.

 

Belluno, andantino e grande fuga (Einaudi, 2019) è il frutto di dieci giorni di una felicità nella disperazione, un’eccitazione nella calma: così afferma la poetessa Patrizia Valduga in un’intervista rilasciata a Silvia Raghi per Medium Poesia.

Considerato il breve tempo di stesura e l’euforia che l’ha accompagnata potremmo presumere che Patrizia Valduga si sia ritrovata, per servirci di una vividissima immagine esposta dall’autrice stessa, in un nuovo “punto di sella”. Uno stato di perfetto equilibrio tra ebbrezza e lucidità. Un punto di ispirazione che conduce alla scrittura di raccolte così formalmente pulite e, insieme, così profondamente viscerali.