Autore: Annalucia Cudazzo

Pochi mesi prima del suo suicidio, nel 1984, Nadia Campana unisce sotto il titolo Verso la mente una cinquantina di componimenti – la maggior parte dei quali inediti – in un dattiloscritto che sarà pubblicato nel 1990 dalla casa editrice Crocetti, assieme ad altre tre poesie che nei disegni dell’autrice sarebbero dovute rientrare nella raccolta. Il volume, curato da Milo De Angelis e Giovanni Turci, negli anni è diventato introvabile, motivo che ha spinto l’editore Raffaelli a ripubblicarlo, nel 2014, in un’edizione allestita dagli stessi curatori, cui si è aggiunta Emi Rabuffetti, e a ripresentare sullo scenario letterario italiano l’opera della poetessa lombarda, scomparsa all’età di trentuno anni.

Nella raccolta poetica "Incontri e agguati", pubblicata nel 2015 da Mondadori, Milo De Angelis sembra calare il lettore, più volte invocato come amico, in una dimensione intima e familiare, come se volesse prenderlo per mano e condurlo in un viaggio fra ricordi e sentimenti, mettendo a nudo un io lirico che prova a riavvolgere il nastro della sua esistenza, confrontandosi col passato e preparandosi ad un impatto inevitabile con la morte.

Yannick Gouchan, Ordinario di Letteratura italiana all’Università di Aix-Marseille in Francia, ha tenuto, lo scorso 12 maggio, presso la Sala Consiliare “M. Gorgoni” del Teatro Ducale di Cavallino, una conferenza sul tema “Il Risorgimento e i suoi protagonisti meridionali nel romanzo Noi credevamo di Anna Banti”. L’evento, che rientra in un ciclo di incontri culturali dedicati alla figura di Sigismondo Castromediano e al periodo delle lotte per l’unificazione d’Italia, è stato aperto dai saluti del sindaco di Cavallino, l’avvocato Bruno Ciccarese Gorgoni, e del Presidente del Centro di Studi “S. Castromediano e G. Rizzo”, il professore Antonio Lucio Giannone.

Giovedì 20 aprile, è stato presentato a Casarano, presso la Scuola Paritaria Internazionale “San Giovanni Elemosiniere”, il volume La poesia dialettale di Nicola G. De Donno (Milella, 2016),  curato da Antonio Lucio Giannone, che raccoglie gli atti della Giornata di Studi tenutasi a Maglie il 18 aprile 2015 .

Nicola Giuseppe De Donno, come si legge nella Prefazione, è stato uno degli esponenti più significativi della poesia neodialettale dell’ultimo trentennio del secolo scorso, autore di tredici raccolte, alcune di esse pubblicate anche da editori nazionali come Vanni Scheiwiller. Le nove relazioni prendono in esame l’intera produzione del poeta magliese, dal 1972 al 2002, mettendo in luce il legame del poeta con la sua terra, le sue riflessioni esistenziali, i suoi toni satirici di fronte agli ideali inappagati di giustizia, l’apertura verso la gente umile, la sua visione democratica della storia, il tema della guerra, la sua interpretazione poetica dell’assedio di Otranto del 1480, il sopraggiungere di una visione nichilista negli ultimi anni della sua vita e la sua continua ricerca linguistica.

Il volume edito nel 2015 da Àncora raccoglie per la prima volta l’intera produzione poetica di Antonia Pozzi, riunendo sillogi postume e componimenti fin qui inediti. L’edizione, curata da Graziella Bernabò e Onorina Dino, è stata realizzata grazie a un attento lavoro filologico condotto ex novo su manoscritti autografi della Pozzi e altri ricopiati da Lucia Bozzi, cara amica della poetessa, e da sua sorella Clelia.

A la fiamma della forma ha incendiato fa parte di Pagine del Travaso, raccolta cui Claudia Ruggeri stava lavorando nel periodo poco precedente la sua morte, quando le sue condizioni di salute si erano notevolmente aggravate. Il testo fu l’ultimo a essere interpretato pubblicamente dalla poetessa in occasione di SalentoPoesia, tenutosi a Monteroni nel 1995, ed era apparso per la prima volta sulle pagine de «l’incantiere», con l’esergo a Prospero in una versione molto differente da quella pubblicata nell’edizione a cura di Mario Desiati, accolta anche nella più recente curata da Anna Maria Farabbi. Questa poesia ha attratto molti lettori, perché è stata interpretata come il preannuncio del suo suicidio, per il riferimento al «folle volo» inteso come atto del lanciarsi nel vuoto, e perché la madre Maria Teresa Del Zingaro, in un’intervista ha dichiarato di aver trovato nella camera della figlia, subito dopo il ritrovamento del suo cadavere, la stessa scena descritta in versi alla quarta strofe.

Un salto in quel vuoto che l’aveva ossessionata per tutta la vita: così, nella notte del 27 ottobre di vent’anni fa, Claudia Ruggeri si lanciò dal balcone della sua stanza al sesto piano per porre fine al disagio interiore che da tempo la affliggeva. La poetessa leccese aveva fallito nel percorso di purificazione dantesca cui si era ispirata e, nella vita come nell’opera, non riuscì nell’ascesi spirituale cui anelava: per fuggire dalla paura del nulla, creò un mondo parallelo fatto di parole, ma lo fece con un impeto tale che le si ritorse contro, rendendola prigioniera dei suoi stessi versi e delle immagini prodotte dalla sua mente.