Martedì, 31 Gennaio 2017 22:23

Ritratti. Raffaele Carrieri

Scritto da Simone Giorgino

Raffaele Carrieri nasce a Taranto il 17 (ma è registrato all’anagrafe il 23) febbraio 1905 da Aldo Giuseppe e da Maria Immacolata Petruzzi. Appena adolescente abbandona la famiglia e la scuola tecnica della sua città e s’imbarca, da clandestino, per Valona; da lì, a piedi e con esigue risorse economiche, inizia un viaggio avventuroso attraverso i Balcani che lo porterà, per qualche tempo, a vivere in Montenegro con alcuni pastori.

Nel 1920, a soli quindici anni, partecipa come legionario all’impresa di d’Annunzio a Fiume, riportando nel corso dei combattimenti del ‘Natale di sangue’ una grave mutilazione alla mano sinistra: «La sera era celeste e nera / e la mia mano rossa / si levava lentamente / all’orizzonte e saliva / simile a una molto piccola / grottesca luna ferita». Dopo l’esperienza fiumana, Carrieri s’imbarca come marinaio su mercantili in rotta per i porti del Mediterraneo e del Nordafrica. Fra il 1921 e il 1923 si stabilisce a Palermo, dove trova lavoro presso gli uffici della dogana, esperienza poi ripercorsa nella prosa di Quando ero doganiere (1934) e nei versi del Lamento del gabelliere (1945).

In quel periodo ottiene una pensione d’invalidità che gli permette di lasciare l’impiego e di tentare la fortuna in Francia. A Parigi sbarca il lunario con lavoretti occasionali, da cameriere in un ristorante di lusso a modello a pagamento per Picasso, col quale inizia anche un duraturo rapporto di amicizia. Il soggiorno parigino gli permette di frequentare alcuni fra i più grandi artisti che in quel periodo affollavano la città, condividendo con alcuni di loro il fascino e le ristrettezze di una vita da bohémien.

Nel 1926, rientrato in Italia, è impiegato come ‘scritturale’ al Regio Arsenale Militare di Taranto. Matura in quegli anni la definitiva vocazione per la scrittura: «Pagine che andavo strappando da un mastro d’arsenale, su cui da anni trascrivevo storie d’ogni genere. Le storie si riferivano a ciò che avevo visto e fatto durante anni di vagabondaggio attraverso Albania, Montenegro e i Paesi balcanici fino alle Bocche di Cattaro. Le più fitte di queste pagine riguardavano due soggiorni: la permanenza a Fiume con d’Annunzio, e Parigi. La storia più lunga era l’abbozzo di un diario, Fame a Montparnasse, che pubblicai anni dopo a Milano. Fino a vent’anni non avevo fatto che cambiare mestieri, alcuni pesanti, altri ridicoli e improvvisati».

Nel 1930 sposa Ida D’Agostini da cui ha due figli, Marilù (1931) e Mario (1932). Stabilitosi definitivamente a Milano, si avvicina agli ambienti delle avanguardie letterarie e artistiche e stringe amicizia con importanti esponenti della cultura italiana. A Milano pubblica i suoi primi romanzi e collabora come critico d’arte con varie riviste fra cui «L’illustrazione italiana», «Tempo», «Milano Sera», «Epoca». Nel 1945 fonda «Le tre arti», un mensile artistico e letterario. Enzo Biagi, suo sodale di quel periodo, ricorda: «Carrieri scriveva romanzi a puntate un tanto la pagina, scopriva e lanciava Campigli e de Chirico, l’arte moderna e annotava versi e pensieri disperati di un “cafone al nord”».

La prima stagione letteraria è costituita da opere narrative in cui è costante il rimando alla sua picaresca esperienza autobiografica, presentata attraverso l’adesione a stilemi tipici del surrealismo. Tra i titoli più rilevanti ricordiamo: Scoperta di Eva (1930), Turno di notte (1931), Fame a Montparnasse (1932), Alina, stella del Moulin Rouge (1933), Peccati grigi (1933), Quand’ero doganiere, Mèmoires apocryphes du peintre Archimboldi (1938) e Un milionario si ribella (1939).

Dagli anni quaranta in poi, Carrieri si dedica quasi esclusivamente alla poesia, caratterizzata dal motivo dell’autobiografismo filtrato da un estro avanguardistico e da una vocazione essenzialmente lirico-patetica, non immune dall’influenza di Apollinaire, Ungaretti, e Lorca. Le opere poetiche principali sono: Poemetto a Campigli (1942), Il lamento del gabelliere, La civetta (1949), Il Trovatore (1953, Premio Viareggio), Il cigno lanciere (1955), Piccolo canzoniere amoroso (1958, Premio Chianciano), Io che sono cicala (1967, Premio Tarquinia-Cardarelli), La formica Maria (1967), Stella-cuore (1969, Premio Internazionale Taormina), Le ombre dispettose (1974), Fughe provvisorie (1978), La ricchezza del niente (1980).

Considerevole è anche la produzione saggistica, attraversata da un vibrante stile impressionistico che, secondo Francesco Flora, prolunga «la visione dell’artista descritto, in una personale collaborazione immaginosa». Fra i titoli più fortunati si segnalano: Giorgio de Chirico (1942), Milano 1865-1915 (1946), La danza in Italia (1946), Brogliaccio (1946, una sorta di quaderno di appunti scritto in prosa e in versi), Forme (1949), Pittura e scultura d’avanguardia in Italia (1950), Il Futurismo (1961).

            Negli ultimi anni della sua vita si trasferisce in Versilia, a Lombrici di Camaiore, per curare, grazie al clima più salubre rispetto a quello di Milano, una grave patologia polmonare. Nonostante sia affaticato dalla malattia e dall’età avanzata, l’impegno nella scrittura rimane costante. In Il grano non muore (1983), l’ultimo libro pubblicato in vita, si legge: «Non posso immaginare l’al di là senza cartolai, senza stilografiche, senza correttori di bozze. Che me ne faccio del tempo?». Raffele Carrieri si spegne a Lombrici il 14 settembre 1984. Nel ricordo di Leonardo Sinisgalli, egli è stato «l’unico tra noi, della nostra generazione, che abbia accettato di dissipare tutta la vita per la poesia».