Autore: Marco Montanaro

Chiunque voglia confrontarsi con l’opera di Alessandro Leogrande non potrà che andare incontro a un senso di vertigine e insieme d’avventura. Alessandro Leogrande ha infatti scritto tanto: libri, libretti d’opera, testi teatrali, articoli, inchieste, saggi, reportage, introduzioni per altri libri, ha fatto radio e realizzato podcast, senza dimenticare le riviste che ha diretto, gli inserti e le antologie che ha curato.

Non solo, sono tanti anche i temi da lui toccati, tutti molto complessi e ancora incisi nella carne viva della nostra contemporaneità: migrazioni, caporalato e schiavitù nei campi, contrabbando e criminalità organizzata, colonialismo, Taranto, Meridione, Balcani e Adriatico, senza dimenticare il calcio e i riti religiosi, con approcci che spaziano dalla letteratura alla storiografia, dall’antropologia alla critica culturale e politica.

Leogrande però non era un tuttologo né un grafomane, e la sua scrittura non si compiaceva mai della propria grandezza. Leogrande si documentava con metodo e rigore invidiabili, ma era una sincera curiosità a innescare il suo lavoro. Aveva un evidente talento, racconta chi l’ha conosciuto, per l’assimilazione delle coordinate che portano al cuore di un certo tema, ma a muoverlo era una passione genuina per le cose umane, molto spesso per gli esseri umani, che trasmetteva con una scrittura sempre chiara e pulita.

[Quest'intervista è stata pubblicata sul blog minima&moralia il 23 marzo 2018]. Un flusso di sconcertante nitore scorre tra le pagine di "Giusto terrore "di Alessandro Gazoia, libro che di lettura in lettura (e di recensione in recensione) sembra cambiare forma e categoria libraria. A tal proposito, si dice – è un cliché – che il romanzo sia onnivoro: con più probabilità in questo caso onnivoro è soprattutto l’autore. Anche in questa prova edita dal «Saggiatore» Gazoia si rivela infatti un curioso del pensiero umano come luogo e strumento, oltre che come mera materia di studio.

Conosco Omar Di Monopoli da dieci anni: da quando cioè ha esordito con Isbn col suo primo romanzo Uomini e cani. Adesso, dopo altri due romanzi e una raccolta di racconti, Omar è approdato a Adelphi con l’ultimo Nella perfida terra di Dio. Posso dire di far parte della nutrita schiera di suoi lettori che ha esultato alla notizia del passaggio, qualche mese fa: per me Omar, che vive a dieci chilometri da dove vivo io, è stato un punto di riferimento costante, e la sua scrittura una sorta di sorella maggiore per la mia.