Lunedì, 02 Dicembre 2024 13:22

“Oscurità e attesa”: la poesia di Alda Merini

Scritto da Marina De Marco

“Oscurità e attesa”: la poesia di Alda Merini

Scritto da Marina De Marco

[Pubblichiamo una selezione dei testi che le studentesse e gli studenti del corso "Poesia italiana del Novecento e contemporanea", Cds in Lettere - Curriculum contemporaneo dell'Università del Salento, hanno utilizzato per i loro seminari autogestiti]

La poesia di Alda Merini si caratterizza per la presenza di un intreccio tra il tema dominante dell’amore, inteso come sentimento che la divora come “un lupo fecondo nella notte” e la cornice mistica, espressa con il ricorso a una serie di motivi evangelici. Come sostiene Maria Corti, l’angolo visuale più idoneo per osservare la sua scrittura è quello relativo a “una fusione ossimorica tra temi erotici e religiosi, cristiani e pagani”, già presente nella raccolta d’esordio del 1953, La presenza di Orfeo.

Questo senso di religiosità è espresso attraverso un linguaggio metaforico (Pasolini parlerà a tal proposito di “oscurità e attesa” come centri irradiatori della sua poesia): il discorso poetico si fa preghiera, in particolare nella raccolta del 1984, Terra santa, e accoglie ora più direttamente le “striature di fatica e di pena” ereditate dal ventennio passato in manicomio, insieme luogo di inferno e resurrezione, “la mia Palestina”. In questo spazio murato, tra porte e finestre, la poesia diventa necessità e spinge Merini alla ricerca di un “messia confuso tra le folle”, un Dio absconditus ricercato nel disordine della propria interiorità.

L’assenza di Cristo viene infatti calata nell’antifrasi del biblico, in una scrittura essenziale che ricorre spesso al monologo interiore dai toni cupi, per esprimere la crudeltà della reclusione insieme alla nostalgia di un amore perduto, l’ingiusta condizione di prigioniera su cui splende tuttavia una resistente “luce umana”:

 

Ma un giorno da dentro l’avello

anch’io mi sono ridestata

e anch’io come Gesù

ho avuto la mia resurrezione,

ma non sono salita ai cieli

sono discesa all’inferno

da dove riguardo stupita

le mura di Gerico antica.

 

Altre raccolte, le ultime in particolare, sono denotate dalla forte convivenza di prosa e poesia, frutto spesso d’improvvisazione, ma va segnalata in ogni caso la serie cospicua di ristampe, pubblicazioni di diari e inediti usciti in questi ultimi anni presso Manni editore.

Pubblicata dopo la morte del secondo marito, il poeta tarantino Michele Pierri, nel 2004 esce per Einaudi la raccolta Clinica dell’abbandono. Divisa in due parti, riunisce testi scritti o dettati dalla poetessa negli ultimissimi anni. Ritorna il tema dell’amore perduto, sofferto e desiderato come nel manicomio di Terra santa, e il valore consolatorio della sua scrittura si salda definitivamente a un’idea di poesia sospesa tra presenza e assenza, luce tenebre e buio, intesa infine come “canto della vita”:

 

Ogni poeta

laverà nella notte

il suo pensiero

ne farà tante lettere

imprecise

che spedirà all’amato

senza un nome.