Il 7 ottobre 2023, Abdulrazak Gurnah ha tenuto una lezione dal titolo From History to stories: the power of creative writing nell’ambito dei Seminari di Anglistica dell’Università del Salento, organizzati dalla prof.ssa Maria Renata Dolce, Ordinaria di Letteratura inglese presso il Dipartimento di Studi umanistici. Al termine dell’incontro, cui hanno partecipato anche alcune classi liceali, si è tenuta questa intervista.

 

Non c’è in Pagliarani , a differenza che in altri casi di pedagogia poetica, una volontà di costruire una scuola, un discepolato, di programmare dei propri cloni; al contrario Pagliarani per tutta la vita e soprattutto in quegli anni ha incoraggiato la diversità, la mutevolezza, la bellezza cangiante (come dice l’Hopkins tradotto da Montale) dei giovani poeti: la possibilità quindi, addirittura, di ispirarsi lui stesso a quelle testualità così acerbe.

Il 26 e 27 maggio 2023 si è svolto a Otranto (LE) il Festival Maria Corti, ideato dalla giornalista Paola Moscardino per ricordare la figura della grande filologa e critica letteraria. Nel corso delle due giornate, alcuni studenti dei corsi di laurea in Lettere dell’Università del Salento hanno intervistato gli ospiti e raccolto materiali da cui sarà tratto, prossimamente, un podcast per Salento University Radio. Pubblichiamo qui un estratto dall’intervista a Lorenzo Pavolini.

 

Lorenzo Pavolini (Roma, 1964) è scrittore, conduttore radiofonico e vicedirettore della rivista letteraria Nuovi Argomenti. Cura inoltre progetti teatrali. Ha pubblicato i romanzi Senza rivoluzione (1997, Premio Grinzane Cavour Giovane autore esordiente), Essere pronto (2005), Accanto alla tigre (2010, finalista Premio Strega), Tre fratelli magri (2012), L'invenzione del vento (2019) e il reportage radiofonico Si sente in fondo? Avventure dell'ascolto (2013). Alcuni suoi racconti sono apparsi su giornali, siti, riviste e antologie. Ha curato, tra l'altro, Italville – New Italian Writing (Exile Edition, 2005) e l'edizione integrale delle Interviste impossibili (2006). Con Serafino Amato ha realizzato Ecatombe. I girini della storia (libro+dvd, Headmaster, 2008). Per la regia del documentario sonoro Ninnananna di Natale. Musica e storie dall'Orchestra di Piazza Vittorio ha vinto il Prix international de la Radio URTI 2003. Dal 1998 collabora con Rai Radio 3, curando e presentando letture di romanzi, serate in diretta, cicli di radiodrammi e audio documentari, e le trasmissioni Ad alta voce, Wikiradio, Pantheon e Zazà. Nel 2022 è autore, con Davide Sapienza, del podcast Nelle tracce del lupo. Nello stesso anno, ha lavorato con Massimo Popolizio alla drammaturgia di M, il figlio del secolo e con Benedetta Tobagi al reading-spettacolo di La resistenza delle donne.

Nato a Bologna nel 1971 ma di origini pugliesi, Omar Di Monopoli ha vissuto una fuga (ancora una volta a Bologna) e un suo ritorno nel territorio meridionale, lo stesso che fa da sfondo ai suoi romanzi. Dalle sue opere, popolate da malviventi dalla pistola pronta e disposti a tutto in nome dei propri interessi, emergono storie di intensa umanità, quella dei corrotti ma anche degli ultimi e degli emarginati. I peculiari ritratti umani che animano le pagine dei suoi libri si muovono in un paesaggio-personaggio contraddittorio e periferico che, insieme agli intrecci narrati, fa guadagnare ai suoi romanzi un meritato posto nel genere del southern gothic e del noir mediterraneo. Omar Di Monopoli ha la capacità di far dialogare continuamente la microstoria personale dei suoi protagonisti con il vissuto collettivo del territorio, creando così storie corali e contemporaneamente profondamente individuali. Nucleo fondamentale della sua scrittura è una riflessione sul Male: le sue opere sono ambientate in una Puglia reale e parallela fatta di luoghi fantomatici, una psico-geografia che non si arrocca in un ambito locale o localistico, bensì riflette qualcosa di universale, gli eterni conflitti e la coesistenza tra bene e male che sono propri della Terra nella sua interezza.

Nei primi anni Settanta Roversi si trova a cercare nuove forme di diffusione del suo lavoro, perché da pochi anni ha deciso di non pubblicare più con i grandi editori, e fa uscire le Descrizioni in atto, ciclostilandole e spedendole direttamente; pratica il teatro prima con Unterdenlinden, poi con Il crack e poi con La macchina da guerra più formidabile, e la canzone viene nel periodo e nel momento giusto, in maniera abbastanza casuale, come ho già raccontato, perché è stata data dalla conoscenza di Cremonini che sapeva chi era Roversi. Roversi aveva cinquant’anni, ma era già una figura abbastanza mitica non solo a Bologna: era in corrispondenza con Sciascia, con Calvino, con tutti i più grandi intellettuali del suo tempo; aveva pubblicato con i grandi editori; nell’ambito del mercato e della cultura le sue posizioni erano piuttosto chiare essendo amico di Pasolini, avendo fatto “Officina”.

In questi ultimi decenni abbiamo continuato nello studio e nella valorizzazione dei maggiori letterati salentini attraverso un’attività davvero intensa: la pubblicazione delle loro opere, gli approfondimenti critici, i convegni, i corsi universitari, le lezioni, le mostre, manifestazioni di ogni genere (presentazioni, premi, passeggiate letterarie, ecc.). E, tra parentesi, devo far rilevare che occuparsi di certi argomenti non è proprio gratificante in campo nazionale perché spesso questi studi sono tacciati di “localismo” per una sorta di pregiudizio verso i nostri autori e, più in generale, nei confronti di quelli meridionali.

Un destino scritto, quello dell’editore Piero Lacaita, che sin da bambino, frequentando assiduamente la tipografia del padre, inizia a nutrire quella vocazione culturale che lo porterà poi ad entrare nell’ambiente dell’editoria pugliese. Sulle orme della tradizione editoriale iniziata da Valdemaro Vecchi di Trani e Giovanni Laterza di Bari, l’editore manduriano segue, da buon intellettuale engagé, una linea culturale laica unita ad un impegno civile di stampo liberalista.

Dopo la morte di Piero Lacaita, sono i suoi figli Maurizio e Maria Grazia che portano avanti la tradizione di famiglia, gestendo la storica casa editrice manduriana, che si caratterizza ancora oggi per una considerevole produzione, come testimoniano le circa quaranta variegate collane editoriali.

Negli anni, la casa editrice Lacaita è stata insignita di importanti riconoscimenti, quali il premio Guido Mazzali e il premio Guido Dorso, guadagnando sempre più rilevanza all’interno dello scenario editoriale italiano.

Pàvana, immersa tra i pendii appenninici a ridosso di quel Limentra che “canta e mormora e fischióla”, dista pochi minuti d’autobus dalla stazione di Porretta Terme, ultima fermata della Porrettana. A Pàvana si deve arrivare in treno per “entrare in sintonia col passo lento gucciniano” e con le ataviche radici di questa terra. Memori di quanto Pavese narrava ne La bella estate (“Mi tornò in mente nel buio quel progetto di attraversare le colline, sacco in spalla, con Pieretto. Non invidiavo le automobili. Sapevo che in automobile si attraversa, ma non si conosce una terra”), e lasciato il “groviglio di binari e tralicci di Bologna” saliamo su questa piccola locomotiva regionale. Il  treno va, come uno dei tanti presenti nei testi di Francesco Guccini, come quel piccolo treno di Incontro da cui, quasi presaghe di un’epifania improvvisa, appaiono, intraviste “nel buio”, “luci di case” ad indicare un’inattesa possibilità di vita nel consueto inganno del vivere. Dentro gente semplice; una donna mi ascolta parlare e con occhi commossi mi dice di conoscere Raffaella, la moglie di Francesco e mi augura buona fortuna. Sono belle persone, qui, disarmate e accoglienti. Qui “dov’è già Toscana, ma la voglia di raccontare è ancora tipica dell’Emilia”, l’autore sviluppa quello che Roberto Roversi definisce il “metodo di un cantastorie”, di chi cioè, visceralmente legato ad una tradizione popolare fatta di oralità, lungi dall’essere mero musicista o paroliere, ha saputo costruire, per usare la parole di Dario Fo, “un discorso interminabile: sull’ironia, sull’amicizia, sulla solidarietà”. 

Poche centinaia di metri separano la stazione ferroviaria di Casarsa della Delizia dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini, sorto all’interno della casa appartenuta alla madre Susanna Colussi. Qui Pasolini aveva trascorso l’estate del 1941 e sperimentato il friulano delle Poesie a Casarsa (Mario Landi, Bologna, 1942); a seguito dell’inasprimento del conflitto mondiale, nel 1942 la famiglia Pasolini, tranne il padre Carlo Alberto, internato in un campo di concentramento in Kenya dal 1941, trova proprio a Casarsa un rifugio più sicuro rispetto Bologna, dove Pier Paolo frequentava la facoltà di lettere. Proprio a Bologna Pasolini, insieme a Serra, Leonetti e Roversi, aveva visto sfumare il progetto di una rivista letteraria, «Eredi»; maggiore fortuna spettò tre anni dopo, nel 1944, alla creazione dello «Stroligut di cà da l’aga», che testimonia secondo Nico Naldini «la ricerca di una lingua pura, vergine di ogni consumo ed elaborazione letteraria, attinta nel suo stato nascente dentro la grande selva delle lingue nate dal latino volgare: barbarica e cristiana»[1]. Nello stesso anno Pasolini compone il dramma I Turcs tal friul, ambientato ai tempi delle invasioni turche in Friuli (1499) e allegoria dell’invasione nazista; gli eventi narrati nel dramma sono attestati da una lapide votiva contenuta nella Chiesa di Santa Croce[2], monumento ritenuto tra i più pregevoli a Casarsa e luogo dei funerali di Pasolini, celebrati il 6 novembre del 1975[3].

La storica casa editrice Transeuropa, attualmente diretta da Giulio Milani, si rinnova investendo in un’inedita operazione editoriale: il “Transeuropa Discovery Tour”, un interessante progetto itinerante che ha coinvolto, durante la scorsa estate, gran parte dell’Italia meridionale in una serie di laboratori gratuiti, volti a rintracciare i nuovi autori e le nuove tendenze della narrativa italiana. La ricerca di Milani è recentemente culminata nella progettazione di una nuova collana di romanzi, "Wildworld", con la quale raccontare, attraverso una chiave di lettura distopica e paradossale, i più importanti fatti della cronaca nera contemporanea.