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Sabato, 13 Maggio 2017 11:04

Quarantacinque giri per dieci anni: in viaggio con Pier Vittorio Tondelli - I parte

Scritto da Mariaelena Tucci
Pier Vittorio Tondelli, "Altri libertini", Feltrinelli, 1980 Pier Vittorio Tondelli, "Altri libertini", Feltrinelli, 1980

Dopo l'articolo su Ingeborg Bachmann e Antonio Spadaro, continuiamo con la serie di interventi legati alla figura di Pier Vittorio Tondelli. Dopo aver conseguito la maturità classica, Tondelli s’iscrive al DAMS di Bologna, coltivando, parallelamente agli studi, l’interesse per diverse attività culturali: frequenta cineclub, lavora brevemente in una cooperativa teatrale e per alcuni programmi di una radio libera; sempre nel capoluogo emiliano, entrerà in contatto con una “ventenne fauna, estroversa e creativa”, annoverando tra le sue conoscenze il fumettista Andrea Pazienza e la critica d’arte Francesca Alinovi. Con questo intervento, in particolare, si analizzerà la presenza della musica nell’intera opera tondelliana (letteraria e non), da Altri libertini (1980) a Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni ottanta (1990), una sorta di “romanzo critico” con il quale l’autore conclude la sua breve ma intensa attività culturale: dopo aver combattuto per diversi mesi contro l’Aids, egli si spegnerà nell’ospedale di Reggio Emilia il 16 dicembre 1991, a soli 36 anni.

 

 

Take me out tonight

where there’s music and there’s people

who are young and alive

driving in your car

 I never, never want to go home

because I haven’t got one anymore.

(The Smiths, There is a light that never goes out, 1986)

 

Non solo disco music, spalline imbottite e capelli cotonati. Dietro le apparenti frivolezze dei tanto compianti e criticati anni Ottanta si nasconde qualcosa di più profondo: il viaggio senza meta e senza sosta, a volte di sola andata, di una nuova generazione che, dopo la conclusione fallimentare di una stagione di rivolte (culminata con il Movimento del ’77), constata “l’impossibilità di offrire a se stessa una ben precisa identità culturale”, decidendo così di “mischiare i generi, le fonti culturali, i padri putativi, fino ad arrivare alla compresenza degli opposti”[1].

Svincolandosi dalle logiche di partito e dai progetti di potere, in questo decennio molti giovani in particolare scelgono di non identificarsi in alcun ideale politico per confondersi con le innumerevoli tribù esistenti, affidando l’espressione della propria “non-appartenenza” alla libertà degli istinti carnali, alla musica, all’uso ricreativo di droghe e alla trasgressione delle regole. Chi, però, negli anni Ottanta si colloca più o meno consapevolmente ai margini della quotidianità, paradossalmente ne diventa il protagonista: non a caso i principali “cantori” di questo nuovo universo saranno proprio gran parte di coloro che hanno attraversato in prima persona l’esperienza della contestazione e che ora avvertono l’urgenza di dare un volto diverso alle proprie inquietudini e alla propria insofferenza rabbiosa nei confronti della società.

Fondamentale, in tale contesto, appare la figura di Pier Vittorio Tondelli che, “con un’intensità di vita e di esperienza straordinaria, [in questo decennio] inizia ed esaurisce il proprio essere scrittore e intellettuale”[2]. Originario di Correggio, classe 1955, egli s’imporrà ben presto come il “classico” di una incipiente postmodernità perché riuscirà, più di chiunque altro, a legare con forza e originalità il tema del giovanilismo e la musica, diventando anticipatore in fieri della tendenza alla “contaminazione della letteratura con altre discipline artistiche” e quindi, della commistione tra una tradizione “alta” e un immaginario culturale “alto e basso”[3].

Ciò che porta Tondelli ad essere uno scrittore-compositore sta nel rendere la musica materia piena e necessaria della stessa narrazione: le pagine diventano così “materiale sonoro” e le storie, le riflessioni critiche e saggistiche, i frammenti emotivi, più che scritti, sembrano essere “incisi”[4]. Lo stesso autore “dichiara di scrivere con la radio accesa e di utilizzare spesso musicassette e mangianastri durante le sessioni di scrittura” e ciò si ripercuote sulla fattura della sua intera opera, perché la musica non solo conferisce al linguaggio tondelliano ritmo e variabilità, ma “ispira [anche] personaggi, innesta percorsi e storie”, trasformandosi in avventura[5].

Tondelli, dunque, mette a confronto nei suoi scritti canzoni ed esperienze per meglio comprendere il percorso esistenziale dei suoi coetanei, ma anche per fare chiarezza sulla propria vita. Il suo è un viaggio reale e al contempo simbolico, che inizia da un bar di Reggio Emilia con il “romanzo a episodi” di Altri libertini (1980) e attraversa, da Pao Pao (1982) a Rimini (1985), da Biglietti agli amici (1986) a Camere separate (1989), le diverse città italiane ed europee. Dieci anni dopo il suo esordio letterario, l’autore “ritornerà” nella sua terra natale con Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta (1990), una raccolta di scritti di varia natura che egli compone parallelamente ai romanzi e che fungono da “sottotesti” alla sua produzione più narrativa, acquisendo inoltre il carattere di un vero e proprio reportage sui gusti e le euforie del decennio.

Partiamo, dunque, dalla prima “tappa”. Altri libertini, uscito emblematicamente nel 1980, l’anno che apre il nuovo decennio, verrà percepito come “un libro rock” innanzitutto per la fisicità, la leggerezza, l’ansia di vita che caratterizzano i sei racconti di cui è composto[6], dove giovani ventenni cercano un loro posto nel mondo attraverso “l’abbruttimento, il masochismo, la tossicomania”, oppure interpretando l’esistenza con una “vena molto poetica d’assunzione di un immaginario collettivo”[7]. Le corse notturne in auto (Autobahn), le fughe “di formazione” tra Bruxelles e Amsterdam (Viaggio), ma anche i tragitti interiori alla scoperta della propria identità sessuale (Mimi e istrioni) s’incrociano nella via Emilia, spazio-emblema di una realtà periferica, lontana dai centri urbani portatori di una lunga storia e identità, ma al contempo vitale, fluida, irrequieta. La zona compresa fra Reggio Emilia e l’appennino tosco-emiliano è infatti la culla di Vasco Rossi, tra i fondatori di “Punto Radio”, emittente libera di Zocca (Modena), e ben presto idolo di quei “ragazzi selvaggi con una gran voglia di provare i propri limiti”[8]. Non solo: la provincia emiliana è anche la patria dei CCCP-Fedeli alla linea, ideatori del cosiddetto “punk filosovietico”, dei Nomadi, dell’Equipe 84, di Francesco Guccini, di Lucio Dalla, di Claudio Lolli, degli Skiantos, che Tondelli descrive come “anime diverse di una terra, di un mito americano, ora inseguito, ora prepotentemente rifiutato”, ma anche “simboli di un modo di guardare e, soprattutto, di sentire il mondo, la vita con una particolare pensosità, riflessività, entusiasmo, forse anche struggimento”[9].

La via Emilia è costellata poi di realtà più microscopiche, come le radio libere, i pub, le nuove birrerie, ossia locali pubblici “dalle sfaccettature continentali e mitteleuropee” gestiti da consorterie giovanili “con tanta passione e senza fini di lucro”, che “non solo offrono bicchieroni di Chimay o di Guinness, ma producono […] anche interventi musicali, performance e varie spontaneità estetiche”[10]. In questi spazi narrativamente inconsueti si muovono i personaggi di Altri libertini, realizzando la loro personalissima “colonna sonora”: dalla “canzonaccia” di Grace Jones che una “fighetta” sceglie dal juke-box di Posto Ristoro, al protagonista del racconto Viaggio, che definisce Karla, la sua amata, come “una bella ballata di Leonard Cohen, una canzone ubriaca e roca”, fino ad arrivare alle Splash, le ragazze di Mimi e Istrioni, che fondano la “New Mondina Centroradio” per dar sfogo ai loro pensieri notturni (“La Sylvia di solito maneggia il mixer, io i dischi e la Nanni ci parla su, ma poi tutte interveniamo come fossimo sempre in ogni tempo e in ogni luogo, dalle alpi alle piramidi […]”)[11].

In Altri libertini, la musica non è solo “paesaggio sonoro” del testo (ascoltata attraverso lo stereo o l’autoradio) e citazione esplicita di artisti, gruppi o canzoni, ma anche e soprattutto “sound del linguaggio parlato”[12]. È questa l’espressione che lo stesso Tondelli usa per rappresentare il suo stile profondamente compromesso con la contemporaneità, laddove i gerghi, lo slang giovanile, i cultismi della tradizione letteraria (utilizzati quasi sempre in chiave ironica) sono molto spesso accostati tra loro senza congiunzioni o separati soltanto da virgole e punti esclamativi, quasi a creare una catena fonica immediata, a tratti quasi estrema, ma forse l’unica possibile per chi, come il protagonista di Autobahn, cerca riscatto dagli angoli vuoti della propria vita: “Bando a isterismi, depressioni, scoglionature e smaronamenti. Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran fortune e buoni fulmini per la strada. […] Col naso in aria fiutate il vento, strapazzate le nubi all'orizzonte, forza, è ora di partire, forza tutti insieme incontro all'avventuraaaaaaa!”[13].

Ideale prosecuzione di Altri libertini è Pao Pao (1982), romanzo dedicato alla vita di caserma (“Pao” sta infatti per “Picchetto Armato Ordinario”) e in parte ispirato all’esperienza militare condotta da Tondelli tra Roma e Orvieto[14]. L’opera è attraversata da un sound continuo e, per certi versi, ancora più variegato rispetto a quello presente nello scritto precedente: la musica diventa ora uno “spazio laterale per sé” da coltivare durante i giorni grigi e monotoni del servizio di leva, e dunque il collante tra giovani commilitoni che presentano le stesse affinità “sonore” (“Il piacentino lo invito con me. Abbiamo parlato di musica e sembra che ci siamo”)[15]. La musica è anche una via di fuga dall’omologazione delle divise e dai comandi imposti dai superiori: il soldato Renzu, ad esempio, è “vestito con la sua salopette piena di medagliette come un generale, Sex Pistols, Joy Division, Clash”, immagine che ben identifica lo spirito sovversivo e anticonformista del personaggio e che permette di comprendere come la stagione del punk abbia lasciato segnali evidenti, seppur in tempi e in forme diverse, anche nell’immaginario collettivo dei giovani italiani (a tal proposito, si pensi ad alcuni gruppi punk nostrani, dagli Skiantos alle Kandeggina Gang, dai Kaos Rock ai The Skizo)[16].

Accanto alla musica “giusta”, nel romanzo appaiono i primi segnali di un sound più commerciale, quello delle canzoni “usa e getta”, del pop da classifica (ad un certo punto della narrazione, infatti, si parla della solita colonna sonora” trasmessa del radio e che scandisce “qualsiasi ora libera all’interno di un dormitorio e quindi discomusic, canzonette del festivalbar, sceneggiate napoletane […]”[17]), che troverà maggiore spazio nell’opera successiva, Rimini (1985), con il quale Tondelli attuerà una vera e propria inversione di rotta rispetto a Pao Pao e ad Altri libertini[18].

Dal racconto generazionale, infatti, si passerà a un romanzo “d’ambiente, di costume, ma soprattutto di genere”, in cui la fauna eccentrica e caotica della riviera romagnola, con le sue discoteche, i club, i dancing e le balere, fa da sfondo a vite parallele e al contempo molto diverse tra loro, come quelle dello scrittore Bruno May, del giornalista Marco Bauer e della tedesca Beatrix[19]. Nonostante il vivace plurilinguismo degli esordi lasci spazio, in Rimini, a una lingua più uniforme e standard, ma non comunque immune da una certa ricercatezza stilistica e perizia letteraria, il romanzo risponde sempre a un “andamento interno ritmico”, in questo caso a “una sinfonia – come affermerà lo stesso scrittore – in cui ci sono gli adagi, i lenti, i prestissimo e […] il gran finale rossiniano”[20]. Non solo riferimenti musicali di ogni sorta (si passa dalle “note avvolgenti di un’allegra mazurka romagnola diffuse nitide da Radio Antenna Rimini” ai motivi jazz suonati da Alberto, sassofonista in un night-club), ma questa volta anche una vera colonna sonora inserita da Tondelli in appendice e che funge da “accompagnamento” alla lettura[21]. Brani come Desire dei Tuxedomoon, I Would Die 4U di Prince, Time after time di Cyndi Lauper, New Moon on Monday dei Duran Duran, sono sì la spia di una particolare attenzione dello scrittore verso lo scenario musicale internazionale e più marcatamente britannico, ma offrono soprattutto una visione più approfondita e inedita della stessa Rimini.

Se, infatti, la città romagnola appare a Tondelli “l’unico luogo in cui è ancora possibile vivere e innestarsi nel continuum del romanzo nazionalpopolare”[22], è anche vero che, conclusasi “una fra le più grandi finzioni dell’uomo-massa contemporaneo […] la vacanza estiva”, la Rimini “fuori stagione” svela quei paesaggi oscuri e allucinati, tanto cari alle canzoni new wave del tempo, diventando così metafora dell’attesa (“[…] attesa del cambiamento, della liberazione dalla grigia vita provinciale, dalle ossessioni erotiche, da se stessi […]”) e di quel ritrarsi malinconico che caratterizzerà Biglietti agli amici (1986) [23].

 

[1] P.V. Tondelli, Modena, in Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta, Milano, Bompiani, 2005, p. 205.

[2] Cfr. R. Carnero, Lo spazio emozionale. Guida alla lettura di Pier Vittorio Tondelli, Novara, Interlinea Edizioni, 1998, pp. 19-21.

[3] A. Dentice, La mia penna è come un rock, “L’Espresso”, 27 gennaio 1995, p. 100. e F. Galato, Incontri ravvicinati. I nuovi narratori in biblioteca, in R. Cardone, F. Galato, F. Panzeri, Altre storie. Inventario della nuova narrativa fra anni ’80 e ’90, Milano, Marcos y Marcos, 1996, p. 57.

[4] A. Spadaro, Pier Vittorio Tondelli e la musica, in http://www.antoniospadaro.net/musicatondelli.html.

[5] S. Piombino, Un percorso parallelo. Indici tematici per Tondelli critico musicale, in “Giornate Tondelli”, Atti del Seminario Tondelli, settima edizione (Correggio, 14 dicembre 2007), p. 2 e B. Casini (a cura di), Tondelli e la musica: colonne sonore per gli anni Ottanta, Firenze, Tosca, 1994.

[6] È così che Luciano Ligabue definisce Altri libertini in Ivi, p. 15.

[7] Come affermerà lo stesso Tondelli in un’intervista di Angelo Mainardi, Una scena per l’età del rock, contenuta in P.V. Tondelli, Opere, vol.2: cronache, saggi, conversazioni, a cura di F. Panzeri, Milano, Bompiani, 2001, p. 949.

[8] P.V. Tondelli, Modena, in Un weekend postmoderno, cit., pp. 78-79.

[9] P.V. Tondelli, Zucchero, Ivi, p.317.

[10] P.V. Tondelli, Birrerie, Ivi, pp. 291-293. Significativa è l’attività di “Mondoradio Rock Station”, emittente libera composta da una cooperativa di venticinque soci che trasmette solo rock e che diventerà, musicalmente parlando, ‘il punto di riferimento obbligatorio per tutte le altre radio libere’. Cfr. P.V.Tondelli, Frequenze rock, Ivi, p. 281.

[11] P.V. Tondelli, Altri libertini, Milano, Feltrinelli, 1980.

[12] P.V. Tondelli, Colpo d’oppio in L’abbandono. Racconti dagli anni ottanta, a cura di F. Panzeri, Milano, Bompiani, 1993, p. 8.

[13] Ivi e Cfr. R. Carnero, Lo spazio emozionale, cit., p. 33. Tondelli, nella riproduzione del “sound del linguaggio parlato”, non rinuncia, tuttavia, alla scurrilità e addirittura alla bestemmia: ciò comporterà il sequestro di Altri libertini (venti giorni dopo la sua comparsa in libreria) da parte delle autorità giudiziarie per il reato di oscenità.

[14] Significativo, a tal proposito, sarà Il diario del soldato Acci, una serie di dieci episodi pubblicati da Tondelli su “Il Resto del Carlino” e su “La Nazione” tra il febbraio e l’aprile del 1981, che diventerà il canovaccio preparatorio di Pao Pao.

[15] P.V. Tondelli, Pao Pao, Milano, Feltrinelli, 1982.

[16] Ivi.

[17] Ivi.

[18] Cfr. E. Porciani, Dalla colonna sonora alla colonna insonora. Per uno studio tematico-culturale della popular music, in “Cahiers d’études italiennes”, n.11, 2010, p. 151.

[19] Cfr. R. Carnero, Lo spazio emozionale, cit., pp. 53-58.

[20] A. Mainardi, Una scena per l’età del rock, in P.V. Tondelli, Opere, vol.2: cronache, saggi, conversazioni, cit., p. 951.

[21] P.V. Tondelli, Rimini, Milano, Bompiani, 2015.

[22] P.V. Tondelli, Adriatico kitsch, in Un weekend postmoderno, cit., p. 101.

[23] P.V. Tondelli, Fuori stagione, Ivi, p. 120. Per uno sguardo più dettagliato sul paesaggio “tondelliano”, si vedano gli studi condotti da Giulio Iacoli (come il volume Atlante delle derive. Geografie da un’Emilia postmoderna: Gianni Celati e Pier Vittorio Tondelli, Parma, Diabasis, 2002 e il fascicolo monografico di “Poetiche” intitolato Prospettive per Tondelli 1955-2005, n.3, 2005, di cui lo stesso Iacoli è il curatore).

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