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Giovedì, 04 Maggio 2023 19:58

"Liberare nell’aria il verso". L’incanto fonico di Mariangela Gualtieri

Scritto da Maria Sofia Mazzotta

 

«Ogni poesia implora un respiro che la dica.»

 M. GUALTIERI, L’Incanto fonico. L’arte di dire la poesia

 

 

 

 L’incanto fonico. L’arte di dire la poesia è l’ultimo libro di Mariangela Gualtieri, pubblicato nel 2022 per la collana Gli Struzzi di Einaudi. Chiamata a dare una spiegazione del titolo in occasione di un incontro presso l’Università del Salento[1], l’autrice afferma che l’incanto fonico consiste in quella particolare atmosfera generata dalla lettura a voce alta delle poesie. È proprio la riflessione attorno alle modalità di esecuzione della parola poetica a formare il nucleo stesso di questo nuovo libro che si configura come un tentativo di «liberare nell'aria il verso»[2]. Tentativo che si carica di una valenza etica in quanto, «ora che la lingua viene così mortificata, e le nostre vite sembrano sempre più ingabbiate, la poesia è senza dubbio la rivolta più alta, la migliore alleata, e ha bisogno di tutte le sue potenzialità»[3]

Mariangela Gualtieri è una poetessa, attrice e drammaturga. Nata a Cesena nel 1951, negli Anni Ottanta fonda il Teatro Valdoca insieme al regista Cesare Ronconi. Sin dalle prime esperienze della compagnia - sebbene ancora legate al tradizionale teatro di figura – si nota una tensione verso lo sperimentalismo d’avanguardia volto alla ricerca di una nuova lingua teatrale, essenziale e comunicativa, fatta di gesti e di segni minimi che carichino di suggestioni simboliche la dimensione spaziale e performativa della rappresentazione teatrale. Dall’originale collaborazione della coppia Gualtieri-Ronconi con il poeta Milo De Angelis nasce la scelta di portare sulla scena la rappresentazione del verso lirico. Anche in questo caso la ricerca del Teatro Valdoca trasporta la parola in una dimensione sospesa, dilatata, deformata, in cui il verso, circondato dal silenzio, ritrova la sua forza originaria. L’attore, dunque, non si limita alla mera recitazione del testo ma, sotto la guida del regista Ronconi, rende loquace il corpo scenico trasformando la parola poetica, volutamente scorporata, in azione fisica e gesto vocale. Quello che gli attori compiono è «una discesa verso la carnalità totale […] in cui il corpo si mostra nella elementare fisicità di muscoli tesi, sudore, vibrazioni della voce. L’intuizione che il corpo, con la sua caducità materica, sia il luogo della sofferenza si ribalta nella sua elezione a fuoco riflessivo e espressivo»[4] così da trasformare la poesia, attraverso il palco, in spazio, corpo e parola. Muovendo dall’esperienza teatrale, la poesia di Mariangela Gualtieri diventerà - a partire dalla trilogia di Antenata che darà il titolo alla sua prima raccolta in versi presso l’editore Crocetti (1992) - una dimensione autonoma, come testimoniano le numerose raccolte apparse per Einaudi: Fuoco centrale e altre poesie per il teatro (2003), Senza polvere senza peso (2006), Bestia di gioia (2010), Le giovani parole (2015), Quando non morivo (2019).  

L’incanto fonico. L’arte di dire la poesia risulta essere, come afferma la stessa autrice, la sintesi di «quarant’anni nel dire la poesia in pubblico»[5]: non una semplice raccolta in versi bensì il tentativo di realizzare, attraverso un insieme di brevi aforismi dall’intenzionalità saggistica, una “poetica dell’oralità”, al fine di emancipare la poesia dai vincoli della pagina scritta per riportarla alla sua natura di parola detta. La dimensione orale del verso è un’«arte misconosciuta, oggi sottovalutata e poco praticata e invece antica quanto la poesia, […] nasce appunto come evento sonoro, recitata a memoria, cantata, declamata»[6].

La struttura del libro è suddivisa in dodici sezioni, dedicate ognuna a un elemento essenziale per il verificarsi dell’incanto fonico: poesia, silenzio, metro, a memoria, tecnologia sacra e voce. Gualtieri, nelle fattezze di un poeta-pellegrino, affronta i diversi temi come fossero un viaggio nelle profondità del linguaggio al fine di ritrovare la voce e il silenzio del verso. Eppure L’incanto fonico rimane un libro privo di quella stessa dimensione orale su cui il testo riflette ed è proprio questa la sfida proposta dall’autrice: «fare intendere attraverso la parola scritta qualcosa che riguarda la vita del nostro orecchio-acustica, impalpabile, musicale»[7]. Persiste la questione di come si possa rendere accessibile l’esperienza immateriale  dell’ascolto di un testo e come tale esperienza possa essere tradotta in forma scritta.

La riflessione attorno al potenziale espressivo della poesia trova riscontro in quanto detto dalla poetessa Amelia Rosselli che, a tale proposito, individua il cosiddetto «problema della comunicabilità»[8]. Se fare poesia significa «riuscire a trasmettere questa esperienza del reale collettivo»[9] è necessario approdare ad una concezione meno “aristocratica” e più aperta della poesia, auspicando non solo un allargamento del pubblico ma una riformulazione del linguaggio stesso così da renderlo accessibile anche all’illetterato. Le riflessioni di Amelia Rosselli, dalla quale deriva il titolo stesso di questa raccolta, sono interiorizzate da Mariangela Gualtieri che ritrova nell’essenzialità di una lingua elementare la possibilità di assicurare un incontro più intimo e profondo tra poeta e lettore. Questo non significa che la scrittura debba essere semplificata - non è mai un semplice atto espressivo di vanità o di acefala comunicazione - ma che nell’essenzialità dell’espressione sia possibile trovare una potente carica di allusività e simbolismo. La stessa vocazione all’oralità si configura come un tentativo di ampliare le potenzialità espressive del linguaggio, perché se scrivere equivale a scoprire una lingua altrimenti non detta, allora la parola necessita di essere pronunciata, cantata, «chiede di farsi viva voce»[10], mentre il silenzio diventa mezzo per «esalta[re] il verso, [...] rende[rlo] energia attiva che può indurre a trasformazione interiore»[11].  

La poesia di Gualtieri procede attraverso una parola evocativa e al tempo stesso distruttiva, un dialogo tra una dimensione terrena e ultraterrena, in cui vengono elevati a canto anche il quotidiano e l’apparentemente insignificante costituendo una sorta di sospirato inno alla vita.

L’Incanto fonico si presenta come un «rito sonoro» e, come affermato dall’autrice nel suddetto incontro presso l’Università del Salento, è destinato a sfamare, grazie alla mediazione del corpo sulla scena, un pubblico denutrito, irrequieto sulle sue poltroncine; dando vita ad un’atmosfera sospesa grazie alla quale ogni singolo individuo entra in contatto con la propria interiorità mantenendo, allo stesso tempo, la percezione di essere parte integrante di una grande comunità “momentanea”.

«Adorazione di una poesia è impararla a memoria»[12] scrive la Gualtieri. Per compiere il rito sonoro è necessario l’atto della memorizzazione dei versi - «un salto, enigmatico scatto» - affinché la parola diventi nostra alleata e «nutrimento sempre a portata di mano». È un atto devozionale che libera finalmente il corpo, l’occhio e la mente dalla “schiavitù” del foglio.

 

[…] Spensierarsi bisogna.

 

Ora l'occhio non è all'ancoraggio del fo-

glio. Si alza libero verso gli astanti. Li

guarda. Proprio a loro si parla. Per loro.

L'occhio adesso può stare attaccato agli

occhi davanti.

Occhi negli occhi, come incantamento.

 

E il corpo. Libero anch'esso dalla schiavitù

del foglio. Può starsene in offerta immo-

bile[13]

 

 

La poetessa propone, inoltre, un invito al silenzio - in contrapposizione alla velocità distruttiva della frenesia quotidiana - inteso come spazio vuoto d’indagine in cui la parola torna ad essere percepita pienamente. Nella creazione dell’incanto fonico Gualtieri riconosce un ruolo anche alla cosiddetta «tecnologia sacra»: il microfono «non ha solo un ruolo amplificante, permette quasi di parlare all’orecchio di ognuno, in intimità. Mette in evidenza il silenzio di cui è impregnata la parola poetica ed è grande sbugiardatore, amplifica le falsità della voce e le vanità dell’interprete. La poesia è parola veritiera e mal sopporta gli artifici, e soprattutto non ne ha bisogno»[14].

Guardando e ascoltando Mariangela Gualtieri agire sulla scena, l’insieme degli elementi fino ad ora analizzati prende corpo. Attraverso un’armoniosa fusione tra testi, timbro di voce inconfondibile e intonazione emozionale, l’autrice ha saputo trasformare una sede universitaria in un luogo di ascolto profondo, rieducando gli spettatori al silenzio, soppesando le parole, scindendo i suoni dai significati, nell’attesa che «qualcosa di sconvolgente per un istante si faccia percepire dai nostri fragili e grossolani sensi».

 

 Foto dell'incontro del 6 febraio 2023 presso la "Cantina Fiorentino", Galatina (LE)

 Foto scattata in occasione dell'incontro con Mariangela Gualtieri presso la "Cantina Fiorentino" a Galatina [06/12/2023]

 

 


 

 

[1] Si fa riferimento a gli incontri del 6 e del 7 febbraio 2023 organizzati dal corso di laurea DAMS del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento in collaborazione con la “Cantina Fiorentino” di Galatina. Negli incontri la scrittrice ha dialogato con la ricercatrice Alma Mileto (Università di Roma “La Sapienza”) e con gli studenti dell’Università del Salento, in presenza del Rettore Fabio Pollice, del direttore del dipartimento di Beni Culturali Raffaele Casciaro e di Francesco Ceraolo, docente di Storia del Teatro.

[2] Gualtieri M., 2022, L’incanto fonico l’arte di dire la poesia, Einaudi, Torino, p. 9.

[3] Ivi, p. 6.

[4] Valentino M., 2017, L’affresco lirico di Mariangela Gualtieri e Cesare Ronconi, Acting Archives Review 14, pp. 156-180.

[5] Gualtieri M., 2022, L’incanto fonico l’arte di dire la poesia, Einaudi, Torino, p. 4.

[6] Ibidem.

[7] Ivi, p. 7.

[8] Manera M., 2006, «Le più fantastiche imprese: spazi versi rime tempi». Il sistema metrico di Amelia Rosselli. Università degli studi di Torino, Torino.

[9] Ivi, p. 62.

[10] Ivi, p. 5.

[11] Ivi, p. 6.

[12] Gualtieri M., 2022, L’incanto fonico l’arte di dire la poesia, Einaudi, Torino, p. 26.

[13] Ibidem.

[14] Bassi G., Incontro con Mariangela Gualtieri: «Catturata dalla parola», https://www.gazzettadireggio.it/tempo-libero/cultura/2022/07/14/news/incontro-con-mariangela-gualtieri-catturata-dalla-parola-1.100052781,  07/04/2023.

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