A cinque anni di distanza dall’uscita di Parigi è un desiderioInglese torna con il suo nuovo romanzo a sperimentare attraverso le forme narrative l’ipotesi di un congegno testuale che un tempo si sarebbe potuto definire “opera mondo”. La struttura della Vita adulta appare a prima vista più salda e convenzionale rispetto a quella volutamente sconnessa e funambolica del romanzo precedente, in quanto qui Inglese sceglie di impiegare la terza persona insieme alla tecnica del montaggio alternato nel dipanare dall’esterno il racconto delle vicende dei due protagonisti del romanzo, Tommaso e Nina. Ma è invece simmetrico e speculare il progetto di scombinare, mescolare e sovrapporre registri e direzioni delle trame, ben al di là di ogni concessione al “romanzo ben fatto” premiato o premiabile in termini di mercato: Inglese oggi è uno dei migliori scrittori in Italia capace di intrecciare il racconto del vissuto individuale con l’astrazione del pensiero critico, e dà vita, come in Parigi è un desiderio, a una forma di narrazione aperta, digressiva e centrifuga che ha l’ambizione di restituire, attraverso le forme letterarie, la totalità della nostra esperienza del mondo, la cifra del nostro contemporaneo. Le due parti nelle quali è diviso il romanzo, ad esempio, sono consacrate agli estremi temporali che cadenzano lo sviluppo dei percorsi esistenziali di Nina e Tommaso, e partono dalla primavera del 2013 per arrivare all’autunno del 2015, fino all’epilogo occupato dallo scambio epistolare tra i due protagonisti; ma questo continuum lineare è solo apparente, perché viene smentito non solo dagli andirivieni, dalle frequenti analessi e retroversioni della trama, ma anche dai titoli (riuscitissimi) dei paragrafi, sovraccarichi di massime o motti (pseudo)filosofici, stranianti ed ellittici, ambigui e allusivi, che ricordano il romanzo-saggio, umoristico e allegorico-morale del modernismo europeo o il filone picaresco con i suoi spericolati epigoni novecenteschi come il Gombrowicz di Ferdydurke (citato in epigrafe).

Nel mese di maggio 2022, presso le sedi dell'Università del Salento, si svolgeranno tre giornate seminariali dedicate alla poesia contemporanea.

La prima giornata (2 maggio nell’aula E5-6 dell’edificio Codacci Pisanelli) prevede l’intervento di Andrea Inglese dal titolo Critica del paradigma lirico e sperimentazioni con la prosa.

La seconda giornata (12 maggio presso l’aula 2/B1 edificio 6 del complesso Studium 2000) prevede l'intervento di Claudia Crocco dal titolo Le poesie italiane di questi anni.

L’ultima giornata (27 maggio presso l'aula 2/B1 edificio 6 del complesso Studium 2000) prevede l'intervento di Nino De Vita dal titolo "E taliava, taliava...". La poesia in dialetto.

Nei giorni 25 e 26 settembre, ore 14,00-17,00, presso lo Studium 6, aula 3 e aula 7 dell'Università del Salento, si terrà l'atelier di scrittura a cura di Andrea Inglese Scrivere l’immagine: la descrizione come innesco o intervallo narrativo.

Nei giorni 25 e 26 settembre, ore 14,00-17,00, presso lo Studium 6, aula 3 e aula 7 dell'Università del Salento, si terrà l'atelier di scrittura a cura di Andrea Inglese Scrivere l’immagine: la descrizione come innesco o intervallo narrativo.

 

Fin dall’epopea omerica, il procedimento dell’ècfrasi (descrizione di un'immagine, di un oggetto, di una scena statica) svolge un ruolo fondamentale nello svolgimento dell’intreccio. Il segmento descrittivo acquista, a seconda dei contesti in cui si inserisce, un valore specifico all’interno della narrazione: esso conforta l’effetto di realtà, dando spessore ad ambienti e paesaggi, ma costituisce anche una risorsa narrativa, permettendo di rallentare il procedere della peripezia. La funzione dell’ècfrasi è dunque sia locale sia architettonica: contribuisce a restituire sulla pagina l’opacità del mondo, e nello stesso tempo la descrizione può assumere il ruolo di digressione, o addirittura di tema chiave all’interno del romanzo.

L’atelier costituirà l'occasione di realizzare tre concreti esercizi di ècfrasi letteraria. Dopo un’introduzione relativa alla funzione narrativa della descrizione di oggetti, paesaggi o opere d’arte, e una sintetica presentazione delle tipologie più celebri di ècfrasi letteraria, si inviteranno i partecipanti dell’atelier a misurarsi con un dipinto figurativo tratto dal patrimonio iconografico europeo tra Quattrocento e Settecento. Il secondo esercizio riguarderà lo sviluppo narrativo di una fotografia di di Gregory Crewdson – uno dei maggiori fotografi contemporanei –, che lavora sull’immaginario cinematografico e sul suo riuso perturbante. L’esercizio finale consisterà, invece, nell’elaborare la descrizione di un’immagine o di un dipinto inesistente.

Ogni esercizio ha come compito di sollecitare delle specifiche competenze, in un percorso di difficoltà e padronanza crescente delle tecniche narrative.

«Al posto del racconto abbiamo una sterminata (…) conversazione, o forse il frammentato e diseguale giustapporsi di (…) monologhi»: la frase è di Manganelli, stupito o stupefatto di fronte alla forma centrifuga e sconnessa di certi romanzi anglosassoni di fine Settecento (è facile pensare alla Vita e opinioni di Tristram Shandy di Laurence Sterne). E potrebbe servire come epigrafe a un discorso sulla natura antifrastica e paradossale della scrittura narrativa di Inglese, il quale oggi si cimenta con la forma-romanzo (Parigi è un desiderio, Ponte alle Grazie, Milano 2016), con tanto di tag in copertina, abbandonando (apparentemente) l’orizzonte delle scritture di ricerca, tra prosimetri e prose in prosa, che nel corso del tempo avevano affiancato la sua scrittura in versi (dopo La distrazione, uscito per Sossella nel 2008, si devono ricordare le prose raccolte nel volume collettivo del 2009 Prosa in prosa, con Giovenale Zaffarano Broggi e altri, a cui sono seguite altre esperienze che in parte sono riassorbite in questa specie di romanzo, come Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, La grande anitra del 2013 e soprattutto Commiato da Andromeda, 2011). Ma appunto di quelle prose atipiche perché non liriche né narrative, Inglese mantiene e trasferisce nelle strutture codificate del romanzo (memoir, autofiction o autobiografia) la stessa attitudine sperimentale e anti-normativa, trasgredendo e torcendo il collo agli imperativi (di mercato) oggi più che mai efficienti nel campo letterario e del consumo culturale, come la necessità rassicurante della trama leggibile a tutti i costi, il racconto lineare di fatti accaduti, il feticcio dello storytelling.

La poesia di Inglese dialoga produttivamente, nel suo stesso farsi, con gli orizzonti fondanti della tradizione lirica moderna, collocando al centro delle ragioni dell’espressione poetica l’interrogazione sui nessi (o le lacerazioni) che tengono insieme la memoria e gli oggetti dell’esperienza, la narrabilità e la costruzione biografica dell’io, la consistenza del soggetto e la dimensione collettiva del reale.

La dialettica irrisolta tra percezione e rappresentazione, parole e cose, codice letterario e realtà fenomenologica (ordinaria e «infra-ordinaria»), è al centro della riflessione estetica della modernità e sfondo teoretico della poesia di Inglese. Lo snodarsi trattenuto di una sintassi mobile e nervosa, che mima i movimenti dello sguardo nel continuum alternativo di un andamento paratattico o asindetico, e soprattutto gli elenchi asettici, le enumerazioni caotiche dei realia (con l’uso intenso degli enjambements): sono i tratti cospicui di una ricerca gnoseologica e formale che, sin dalla prima raccolta (Inventari, 2001), s’incentra sulla questione del vedere.